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Ep. XXVII – Ed ecco la testimonianza resa da Giovanni

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Patristica
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Ep. XXVII - Ed ecco la testimonianza resa da Giovanni
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Ver. 19 –Ed ecco la testimonianza resa da Giovanni“, ecc. Giovanni Battista ha spesso testimoniato Gesù, il fatto che Egli fosse il Messia, il Cristo, sia prima che dopo il Suo battesimo. L’Evangelista Giovanni, quindi, omettendo qui la testimonianza che il Battista rese a Gesù prima del Suo battesimo, riferita dagli altri tre Evangelisti, fornisce la testimonianza che questi ne diede dopo il battesimo. Tale testimonianza, difatti, fu resa pubblicamente e secondo diritto ed ebbe vasta diffusione. Era stata richiesta secondo la legge dai capi dei sacerdoti e dei magistrati ed era stata ricevuta da questi per mezzo degli ambasciatori, che avevano inviato a Giovanni. Il motivo di questa ambasciata fu che i capi sacerdoti videro Giovanni condurre nel deserto una vita angelica, predicare con grande forza, battezzare e portare gli uomini al pentimento, come nessuno degli altri profeti aveva fatto. I capi dei sacerdoti pensarono quindi che fosse loro dovere chiedergli chi fosse, soprattutto perché sapevano che lo scettro da Giuda era passato a Erode e che, essendo terminate le settanta settimane di Daniele, la venuta del Messia doveva essere vicina. Perciò, sospettando che Giovanni fosse il Messia, gli chiesero: “Chi sei tu?“.

San Crisostomo adduce un’altra ragione: l’avrebbero chiesto, secondo lui, per invidia e odio nei confronti di Gesù, al fine di dimostrare che Gesù non era il Messia. Avrebbero preferito conferire il titolo a Giovanni. Non gradivano che Giovanni preferisse Gesù a sé stesso e lo chiamasse Messia o Cristo. Per quanto sia possibile che vi fosse anche un po’ di invidia da parte loro, la vera e propria ragione era quella indicata poc’anzi: il disegno di Dio era esaltare Giovanni così che i capi dei sacerdoti fossero spinti a chiedergli se fosse o meno il Cristo, affinché, interrogato, rispondesse con autorevolezza quale fosse la verità, cioè che non lui, ma Gesù, era il Messia, e, convinti da questa testimonianza di Giovanni, fossero costretti o a ricevere Gesù come Messia o a non avere scuse.

Chi sei tu?“. Sembra che i capi dei sacerdoti abbiano almeno tacitamente chiesto a Giovanni se fosse o meno il Cristo, perché Giovanni risponde: “Non sono io il Cristo“.

Inoltre, sapevano che Giovanni era figlio del sacerdote Zaccaria e quindi sacerdote egli stesso. Quando dunque dicono “Chi sei tu?“, chiedono virtualmente “Quale incarico hai ricevuto da Dio?“, “Con quale scopo Dio ti ha mandato a predicare e a battezzare?“. Dio, infatti, era solito affidare ai sacerdoti gli incarichi più importanti.

In senso traslato, ognuno si domandi frequentemente: “Chi sei tu?“. In primo luogo, per quanto attiene alla nostra sostanza. Ascolta la tua coscienza che ti risponde: il nome di Dio, mio Creatore, è “Io sono Colui che è” (Esodo 3). Il mio nome di creatura è dunque “Io sono colui che non è“, perché non sono nulla da me stesso, ma dal mio nulla sono stato tratto da Dio e fatto uomo. Il mio corpo e la mia anima dunque non sono miei, ma di Dio che me li ha dati o, per meglio dire, prestati. Come era solito dire san Francesco: “Chi sei tu, Signore? Chi sono io? Tu sei un abisso di sapienza, di longanimità e di ogni bontà. Io sono un abisso di ignoranza, di debolezza, di ogni male e miseria. Tu sei un abisso dell’essere, io del nulla“. Così, quando Cristo apparve a santa Caterina da Siena, disse: “Beata te se sai chi sono io e chi sei tu. Io sono Colui che sono, tu sei colei che non è“.

In secondo luogo, per quanto attiene alla qualità. “Chi?“. Cioè, “Di che sorta sei?“. Rispondi: per quanto riguarda il mio corpo, sono debole, miserabile e travagliato. Per quanto riguarda la mia anima, sono razionale, simile agli angeli. Rispetto all’appetito sensuale e alla concupiscenza, sono come le bestie. Perciò seguirò la mia ragione e così mi assimilerò agli angeli.

In terzo luogo, per quanto attiene alla relazione. “Chi?“. Cioè, “Di chi sei figlio?“. Risposta: sono figlio di Adamo, il primo peccatore, dunque sono nato nel peccato, vivo nel peccato e morirò nel peccato, a meno che la grazia di Cristo non mi liberi dai miei peccati, mi santifichi e mi salvi.

Quarto, per quanto attiene all’impiego. “Chi sei tu?“. “Di che ti occupi? Quale professione eserciti?“. Sono un artigiano, un fornaio, un governatore, un pastore, un avvocato, ecc. Vedi dunque di esercitare la tua professione come richiede la legge di Dio, cioè in modo da vivere sobriamente, rettamente e piamente in questo secolo, cercando la beata speranza e l’avvento della gloria del grande Dio, affinché tu possa passare attraverso le cose temporali in modo da non perdere, ma guadagnare le cose eterne. Lavora, studia, vivi per l’eternità. Come san Bernardo era solito dire spesso a sé medesimo: “Bernardo, dimmi, perché sei qui?“. E con questo stimolo si incitava a ogni esercizio di virtù.

Quinto, per quanto attiene alla sofferenza. “Chi sei tu?“. Cioè, “Di che soffri?“. Risposta: nel corpo soffro la fame, la sete, le malattie, le continue afflizioni, tanto che non c’è quasi mai il più piccolo lasso di tempo in cui non abbia molte cose da patire. Per quanto riguarda la mia anima, soffro qualcosa di gran lunga maggiore e più aspro: dolori, inquietudini, ansie, dispiaceri, rabbia, indignazione, tenebre, paura, eccetera, tanto che sembro essere, per così dire, un bersaglio contro il quale tutte le afflizioni scagliano i loro dardi e mi trafiggono con le loro frecce. Sii dunque incrollabile nella pazienza, affinché tu possa sopportare tutto pazientemente e generosamente e ottenere la corona eterna della pazienza in cielo.

Sesto, per quanto attiene al luogo. “Chi?“. Cioè, “Dove sei?“. Rispondi: sono sulla terra, posto tra il cielo e l’inferno, in modo tale che, se vivo santamente, io possa passare al cielo, se vivo empiamente, all’inferno. Vivi dunque con attenzione, prudenza e santità, affinché non l’inferno, ma il cielo ti accolga, quando questa breve vita mortale sarà terminata.

Settimo, per quanto attiene al tempo. “Chi sei tu?“. “Quando sei nato?“. “Quanto tempo hai vissuto?“. “Quando morirai?“. Risposta: nato ieri, oggi vivo, domani muoio. “Noi invero siamo di ieri ed ignoranti, giacché come un’ombra sono i dì nostri sulla terra” (Giobbe 8, 9). Disprezzate dunque tutte le cose temporali, che passano come un uccello. Amate e desiderate le cose celesti, che durano in eterno con Dio e con gli angeli. Così tu, essendo eterno, sarai felice in eterno e vivrai in eterne delizie. Infatti, come dice san Gregorio: “Per essere eterni e felici in eterno, imitiamo l’eternità. E questa è per noi una grande eternità, anche l’imitazione dell’eternità“.

Infine, per quanto attiene alla postura e all’abbigliamento. “Chi sei tu?“. Cioè, “che postura o abbigliamento hai?“. Rispondi: sto in piedi, mi siedo, mi sdraio, indosso l’abito di un cristiano, di un sacerdote, di un vescovo, di un religioso. Bada dunque di vivere in modo conforme al tuo abito. Perché non è l’abito che fa il cristiano o il monaco, ma la purezza di vita, l’umiltà, la carità, la santità.

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