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Ep. XXVII – Adorare Dio

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Ep. XXVII - Adorare Dio
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5. La venerazione di Dio sta al primo posto tra le virtù morali. Benché essa sia seconda, in valore e dignità, rispetto alle divine virtù della fede, della speranza e della carità, è tuttavia intimamente affine e connessa con quelle, perché governa la relazione e il comportamento degli uomini verso Dio. Essa detiene il primato tra le virtù morali, perché si avvicina di più delle altre a Dio, ammesso però che compia ciò che è proprio del suo compito e che si rivolga direttamente alla gloria di Dio attraverso l’atto del culto divino. La sublime virtù della religiosità nobilita l’uomo, giacché essa subordina ogni cosa alla volontà e alla potenza del Signore e guida all’immediato contatto con la fonte prima di tutta la santità.

Mentre rendiamo ossequio a Dio e Lo glorifichiamo, gli assoggettiamo il nostro spirito e in questa sottomissione a Dio consiste la perfezione. Ogni oggetto diventa perfetto in quanto si sottomette a ciò che lo sovrasta. Così la perfezione del corpo consiste nell’essere vivificato dall’anima e la perfezione dell’aria sta nell’essere resa trasparente dal sole” (S. Tommaso). Venerare Dio con zelo conferisce all’uomo la vera grandezza e sovranità, gli apporta grande profitto e benedizione per una vita spirituale. La vera pietà e devozione ha in sé la promessa di una vera vita nel tempo e nell’eternità (1Tim. 4,8).

6. Davanti alla maestà di Dio l’atto liturgico è compiuto soprattutto con sentimenti di adorazione, ringraziamento, supplica ed espiazione. Dio oltrepassa senza misura tutte le creature, compresi gli spiriti più nobili ed eccelsi: e non li sovrasta solamente con la Sua infinita dignità e perfezione, ma anche con il Suo sconfinato dominio e sovranità: perciò tutto il Creato dipende essenzialmente sempre da Dio. L’uomo deve consciamente e liberamente riconoscere e confermare la sua assoluta dipendenza da Dio, Suo Creatore e Signore: cioè deve adorare Dio. Con la parola ‘adorazione’ s’intende infatti la più alta e perfetta riverenza, che spetta solamente a Dio, e a nessun’altra creatura, per amor della Sua infinita dignità, maestà e sovranità. Solamente Dio è degno di adorazione: perché Egli è l’Altissimo come Creatore e padrone e fine ultimo di ogni essere.

Tali qualità e perfezioni, proprie esclusivamente di Dio, devono essere onorate anche tramite un culto particolare e questo culto lo chiamiamo adorazione. Adorare Dio significa quindi riconoscere, contemplare e lodare la Sua eccelsa maestà e sovranità; significa umiliarsi con grande timore reverenziale e quasi annichilirsi davanti alla Sua immensa grandezza e sovranità: sottomettersi interamente, consacrarsi e abbandonarsi a Lui, primo Creatore e ultimo fine. Per questo motivo l’adorazione è quanto di più eccellente e prezioso Dio possa e voglia ricevere dagli angeli e anche dagli uomini.

Assieme all’adorazione sono inseparabilmente legati ancora due altri doveri della religione: il ringraziamento e l’invocazione. Poiché Dio è degno di adorazione, cioè possiede infinita perfezione, potenza sconfinata e incommensurabile bontà, Egli è anche la fonte originaria e inesauribile da cui proviene ogni grazia e ogni dono perfetto, in Cielo e sulla Terra. Tutto ciò che siamo e che possiamo avere nell’ordine naturale e in quello della Grazia, lo riceviamo dall’infinita effusione dell’amore di Dio. Ora, per i tanti favori e grazie che abbiamo ricevuto e che riceviamo tuttora, quotidianamente, dobbiamo ringraziare Dio di cuore quale nostro migliore benefattore; tutti i beni che ancora ci aspettiamo, speriamo e invochiamo, li possiamo ricevere solamente dall’infinita generosità della Sua mano: perciò ci dobbiamo rivolgere a Lui con umili preghiere.

Adorare il Signore Iddio, ringraziarLo e invocarLo: questo è un triplice obbligo che tocca all’uomo per il semplice motivo che egli dipende completamente da Dio. Ciò non basta, tuttavia, poiché le conseguenze dell’abbandono di Dio e della chiusura in sé stessi a causa del peccato comportano un altro obbligo per l’uomo, meritevole di castigo e appesantito dalla colpa: l’obbligo di riconciliare l’offesa fatta a Dio tramite un’adeguata espiazione.

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