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Ep. XXV – Perché la Legge è stata data da Mosé

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Patristica
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Ep. XXV - Perché la Legge è stata data da Mosé
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Ver. 16 –Perché la legge è stata data da Mosè“, ecc. Egli indica la ragione per cui, per mezzo di Cristo, abbiamo ricevuto grazia su grazia: si deve al fatto che Mosè, il più grande profeta e legislatore degli ebrei, potesse dare solamente una legge che insegnasse e imponesse i precetti di Dio, ma non potesse dare la grazia di osservare quei comandamenti. Da qui la necessità di Cristo di dare la grazia per adempiere la legge. Per questo l’arabo traduce: la grazia e la verità furon necessarie attraverso Gesù Cristo. L’Evangelista, quindi, oppone e antepone Cristo a Mosè, la grazia alla legge, poiché, in primo luogo, Mosè nella legge insegnava direttamente solo quanto Dio voleva che gli ebrei praticassero, cioè i precetti del Decalogo, con la promessa di benedizioni temporali, come l’abbondanza di grano, di vino e di olio. Non ha insegnato e tantomeno ha concesso, però, la via della salvezza, della remissione dei peccati, della giustificazione e della santità, per mezzo di cui si arriva alla vita eterna. Cristo, invece, l’ha insegnata e l’ha pure concessa, attraverso la grazia e la verità che ha portato dal Cielo. Questo è ciò di cui Zaccaria canta nel primo capitolo di Luca: “… insegnare al suo popolo a riconoscere la salute nella remissione dei loro peccati“. Così anche san Crisostomo: “La grazia è stata data per mezzo di Cristo, perché con autorità ha perdonato i peccati e ha dato rigenerazione. La verità è venuta da Lui perché ha compiuto le profezie“.

In secondo luogo, nella Legge vi era un triplice comandamento: la legge morale o Decalogo, quella giudiziaria e quella cerimoniale. Alle prime due l’Evangelista oppone la grazia, senza la quale non potrebbero essere osservati. L’effetto della grazia è che un credente, che adempie la stessa legge per amore di Dio, meriti la vita eterna. Alla legge cerimoniale egli oppone la verità, perché quelle cerimonie erano tipi e ombre di Cristo e dei Suoi sacramenti, le quali ombre Cristo ha adempiuto, portando così la verità. Perciò sant’Agostino dice: “Quando la Legge stessa fu adempiuta (attraverso Cristo) furono la grazia e la verità. La grazia pertiene alla pienezza della carità, la verità al compimento delle profezie” (Contro Fausto, c. 6).

Terzo, Mosè ha lasciato solo una conoscenza oscura e limitata di Dio e della Santissima Trinità, mentre Cristo ha fornito una conoscenza chiara e piena. Per questo Beda, esprimendo tutto ciò, afferma: “Cristo, fattosi uomo, ha dichiarato cosa dobbiamo pensare riguardo alla verità della Trinità, in che modo dobbiamo affrettarci a contemplarLa, con quali atti dobbiamo arrivarci“.

Simbolicamente, sant’Agostino (La Trinità 13, cap. 19) per “grazia” intende il Verbo stesso, incarnato nel tempo, e per “verità” la visione eterna di Dio, alla quale ci conduce. Ecco cosa dice: “Nelle cose che hanno origine nel tempo, la massima grazia è che l’uomo nell’unità della persona sia unito a Dio; nelle cose eterne, invece, si attribuisce giustamente la massima verità al Verbo di Dio. Ora, poiché Egli è l’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità, è necessario che sia lo stesso nelle cose che sono state fatte per noi nel tempo, per le quali siamo stati purificati con la stessa fede, in modo da poterLo contemplare con costanza nelle cose eterne“.

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