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Ep. XX – Il sacrificio del Figlio è l’unico gradito dal Padre (prima parte)

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Ep. XX - Il sacrificio del Figlio è l'unico gradito dal Padre (prima parte)
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Il sacrificio del Figlio è l’unico gradito dal Padre

(prima parte)

 

I sacrifici veterotestamentari, soprattutto i più importanti e numerosi, cioè i sacrifici cruenti, ebbero principalmente lo scopo di prefigurare l’offerta della vita di Gesù nella Sua morte violenta. Se dunque queste imperfette immagini velate erano l’anticipo dell’unica morte redentrice di Cristo sulla croce, non bisognerebbe allora considerare anch’esse come veri sacrifici di morte e quindi come sacrifici in senso proprio? La realtà, l’adempimento, il compimento, tuttavia, non possono e non devono essere messi in secondo piano dietro le ombre, le immagini e i segni.

Questo è spiegato molto bene da Papa S. Leone: “Nelle opere manifeste doveva compiersi pienamente ciò che era stato promesso in misteri esemplari molto tempo prima: cioè, che il vero Agnello sacrificato avrebbe sostituito gli esempi simbolici; e che in un solo sacrificio si sarebbe compiuta la loro perfezione; infatti, quanto fu stabilito da Dio in anticipo riguardo al sacrificio dell’Agnello – come riferito da Mosè – preannunciava il Redentore e, chiaramente, il sacrificio cruento di Cristo. Perciò, affinché con l’apparire della Verità, le ombre cedessero il posto al corpo, l’antica pratica venne abrogata tramite il nuovo Mistero: il mistero diventa Mistero (hostia in Hostiam transit). Il sangue viene abolito dal Sangue e la celebrazione della Legge trova il suo adempimento, venendo mutata” (VII Orazione sulla sofferenza del Signore).

Ciò che il sacrificio del Vecchio Testamento prefigurava in maniera misteriosa, il Profeta, per ispirazione divina, lo ha annunciato con parole chiare e commoventi: il carattere sacrificale nell’amara sofferenza e morte di Gesù Cristo. Isaia (52,4-12) annuncia chiaramente che il Cristo soffrirà e morirà a causa dei nostri peccati e la morte che subirà liberamente per noi sarà un vero sacrificio. “Egli è stato sacrificato perché Egli stesso lo volle”.

Poi il Profeta paragona il Redentore a una pecora che non apre bocca mentre viene condotta al macello, come pure a un muto agnello, steso davanti al suo tosatore. Questa commovente figura intende preannunciare che Egli, da innocente, dovrà patire la morte dolorosa con muta rassegnazione e calma silenziosa. Il frutto espiatorio della Sua morte sacrificale sarà una discendenza spirituale eterna. Esso consisterà, infatti, nell’immensa turba degli eletti che nessuno potrà contare, poiché i loro nomi sono scritti nel libro della vita: essi furono e saranno salvati e beatificati attraverso l’unico tramite del sangue di Cristo sparso per loro.

Nel Vecchio Testamento l’agnello era l’animale più frequentemente destinato ai sacrifici: si pensi all’agnello pasquale di ogni anno, come anche al sacrificio mattutino e vespertino di un agnello. È comprensibile che, con il sacrificio degli agnelli, fosse prefigurato il Cristo ed è perciò naturale che nel Nuovo Testamento Egli sia spesso rappresentato come il vero Agnello, Agnello senza difetto e senza macchia, come il nostro Agnello pasquale e che sia lodato come l’Agnello di Dio.

Nell’Apocalisse di San Giovanni troviamo il nome “Agnello” (Agnus) persino come nome proprio dell’Uomo-Dio. Risulta dunque evidente che la denominazione di Gesù come Agnello è caratteristica e vuole esprimere il senso della Sua morte come morte sacrificale, vero sacrificio espiatorio; e allo stesso tempo essa indica la mitezza, la rassegnazione e la pazienza da Lui manifestate nella sofferenza.

Questi concetti sono messi in risalto dal Principe degli Apostoli, quando scrive: “Il Signore, Che non ha commesso peccato e sulla cui bocca non s’è trovato inganno, Che ingiuriato non ingiuriava; maltrattato non minacciava, ma si rimetteva a Colui che giudica giustamente” (1Pt 2,22-23). S. Giovanni Battista indica Cristo come “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, cioè riconcilia il Cielo e la Terra tramite lo spargimento del proprio sangue. San Paolo insiste nel celebrare la vera Pasqua spirituale, poiché Cristo, il nostro Agnello del sacrificio, è stato ucciso e sacrificato.

L’apostolo Pietro incoraggia e ammonisce i Cristiani ad uno stile di vita gradito a Dio, richiamando alla memoria l’altissimo prezzo, che è costata la loro redenzione: “Comportatevi con (santo e sano) timore durante il tempo della vostra passeggera dimora, sapendo che non per mezzo di cose corruttibili, come oro o argento, voi siete stati riscattati, ma con il prezioso sangue di Cristo, Agnello senza difetto e senza macchia” (1Pt 1,19).

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