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Ep. VIII – Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore (seconda parte)

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Patristica
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Ep. VIII - Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore (seconda parte)
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  1. Quale uomo è così dedito alla voluttà e alla lussuria da non preferire loro la sobrietà e la castità qualora fosse certo di ricavare da queste un piacere maggiore? Chi è così ambizioso da non cominciare ad accontentarsi della scarsa considerazione e dell’ultimo posto qualora, come è vero, sapesse che queste cose sono più amabili di tutte le dignità? Chi è così avaro da non disprezzare tutte le ricchezze qualora credesse che la povertà è più gioiosa? Ora, Cristo predica invano la leggerezza del suo carico e inutilmente proclama la dolcezza del suo giogo, quando anche quegli stessi che si richiamano al nome cristiano ritengono che il carico del diavolo e il giogo della carne e del mondo siano più piacevoli. Ma da dove verrebbe, o Signore Dio mio, tutta questa sconsideratezza che ti viene addossata proprio da costoro? Perché prometti così pubblicamente quello che poi si scopre così facilmente che sei incapace di dare? Asserisci che il tuo spirito è più dolce del miele ed ecco questi trovano più dolce la carne della cacciagione, la carne – che vergogna! – di una meretrice, la vanità del mondo. Poveretti! Il loro giudizio è parziale, provano nausea per la tua manna come fosse amara e non l’hanno neanche gustata! Invece quelli che hanno fatto tutte e due queste esperienze sanno che Dio è verace e che gli uomini sono tutti bugiardi. La testimonianza di costoro avrebbe dovuto essere assolutamente credibile, ma insieme alle tue promesse anche l’esperienza dei tuoi fedeli è disprezzata e derisa. «L’uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui». Né ci si deve stupire se chi non crede alle promesse di Dio non crede neppure all’uomo, che ne ha fatto l’esperienza. Per questo veniamo trattati da pazzi noi che predichiamo la dolcezza della croce di Cristo, che magnifichiamo il piacere della povertà, esaltiamo la gloria dell’umiltà, proclamiamo le delizie della castità. Ma insieme a noi venga ritenuto pazzo anche il Profeta, che dice di aver trovato la sua gioia nelle testimonianze del Signore come in ogni sorta di ricchezze.
  2. Voi che vi ritenete sapienti, preferite pure alle testimonianze divine non ogni sorta di ricchezze, ma quelle poche che potete ora mendicare e così la vostra fede non avrà mai testimonianza alcuna. Stia questa presso di voi, in un luogo occulto, in un nascondiglio dove non possa vederla neanche il Padre che è nei cieli e così potrà dire: Non vi conosco. Voi credete fermamente che Dio sia giusto, verace, remuneratore, onnipotente, sommo bene, eterno. Mostratevi allora come vipere sorde che si turano le orecchie, così da non udire la voce di chi vi rimprovera e vi dice: «Mostrami la tua fede senza le opere». Credere vi costa forse qualcosa? Ma nella via delle testimonianze non entrate, perché questa è ardua, aspra e intransitabile. Poveri e infelici, non avete trovato la via della città dove abitare. Per questo vi perdete in una terra senza vie e non andate lungo la via! Le vie che a voi sembrano buone, che voi ritenete fonte di piacere – non offrono per la verità nessun piacere vero – vanno ad inabissarsi nel profondo dell’inferno: «Là sarà pianto e stridore di denti». «Svegliatevi, ubriachi, e piangete», perché non succeda che vi afferri il pianto eterno senza che ve ne accorgiate. Quando, infatti, direte: pace e sicurezza, allora improvvisamente si abbatterà su di voi la rovina, come su una donna incinta, e non riuscirete a fuggire. Cosa che è proprio giusta, perché ora trascurate consapevolmente l’opportunità che il tempo vi offre di fuggire e rifuggite dal percorrere la via della fuga.

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