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Ep. VII – Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore (prima parte)

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Patristica
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Ep. VII - Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore (prima parte)
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Sermone CXI

Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore

(prima parte)

 

  1. Nessuno che sia credente anche solo di nome dubita che la felicità della patria eterna verso la quale tende il nostro pellegrinaggio così come all’opposto i tormenti dell’inferno preparati per gli empi superano non solo tutti i sensi del nostro corpo, ma anche ogni capacità di intelligenza del cuore. E volesse il cielo che vivesse in tutti una tale convinzione e che seguisse, come è giusto, a tale credenza da una parte il desiderio e dall’altra il timore! Perché mai non desideriamo di passare anche in mezzo alle spade o, se fosse necessario, di essere bruciati a metà, pur di abbandonare una tale miseria e correre verso una gloria così grande, se non perché la nostra fede è insensibile e morta? Ma per mettere il colmo all’infelicità, si aggiunge un altro ostacolo alla nostra salvezza, che diventa un’occasione di perdizione ed è che, nel valutare questi due esiti della vita, il nostro sentimento non è in sintonia con il nostro giudizio, anzi, nel considerare le due vie non teniamo abbastanza conto neanche del giudizio della Verità. Non ci si stupisca allora se il desiderio non è mosso da alcun gusto della virtù, dato che è intorpidito anche rispetto alla beatitudine eterna o, se non gli mette paura l’amarezza che prova ora per i peccati, quando non si spaventa neppure davanti agli eterni supplizi preparati per il diavolo e i suoi angeli. Questo si spiega solo con il fatto che anche in altre cose siamo abituati a bramare ciò che dà gioia e a temere ciò che ci dà fastidio, con tanto più ardore quanto più sentiamo queste cose come vicine, anche se sono molto meno importanti di altre.
  2. C’è una cosa che stento a capire ed è perché mai la nostra fede, che sul futuro sembra così sicura, diventa titubante quando sia in gioco il presente. O figli di Adamo, siete così fatui da non saper giudicare e distinguere ciò che è vero, quando avete le promesse sia per questa vita che per quella a venire? Nella vostra esperienza immediata vi mostrate infatti talmente increduli e infedeli che appare chiaramente come la fede nelle promesse future, che vi è rimasta, lo sia solo per aumentare la vostra dannazione. La stessa considerazione vale per le minacce. Non è forse vero, infatti, che colui che asserisce che un regno è pronto per gli eletti ed un fuoco per i reprobi sia il medesimo che con la stessa bocca e con la stessa verità attesta che chiunque non va a lui debba faticare e portare pesi gravosi, mentre chi vada a lui non verrà meno, come la nostra pusillanimità ci fa temere, ma sarà rifocillato da lui? Colui che promette un regno di gioia ineffabile è lo stesso che assicura come il suo giogo sia dolce e il suo carico leggero. Colui che promette la felicità eterna nella patria è lo stesso che promette un riposo e un sostegno ora, lungo il cammino. Del resto, il Profeta dice: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» e ci crediamo facilmente tutti. Lo stesso Signore dei profeti dice: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro; prendete il mio giogo sopra di voi e troverete riposo per le vostre anime: il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero», ma quanti distolgono da queste parole le orecchie del loro cuore! Non osano infatti distogliere quelle del corpo. Quale incredulità è mai questa! Quale follia! Come se la sapienza potesse sbagliarsi o la verità volesse ingannare! Come se la verità non volesse dare ciò che offre o l’onnipotenza non fosse in grado di dare ciò che promette.

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