6:36

Ep. VI – Il sacrificio in senso proprio (terza parte)

PDF
Liturgia
Liturgia
Ep. VI - Il sacrificio in senso proprio (terza parte)
/
  1. Il Sacrificio, avendo un significato simbolico ed essendo parte di un culto pubblico, deve necessariamente essere eseguito da un’autorità legittima. Il rituale del sacrificio nell’Antico Testamento fu ordinato e prescritto da Dio stesso fin nei minimi dettagli. Nel Nuovo Testamento Gesù Cristo stesso ha stabilito direttamente gli elementi essenziali e le linee generali del culto, in primo luogo il Sacrificio, che infatti è l’atto fondamentale e centrale della S. Messa. Dio non ha concesso né alla sinagoga, né alla Chiesa il diritto o il potere di istituire il Sacrificio: nella Sua infinita benevolenza, Lui stesso prescrisse il Sacrificio mediante il quale volle essere venerato e riconciliato. Nessun uomo, solamente il Redentore divino, era in grado di istituire un così eccelso e glorioso Sacrificio quale noi oggi possediamo nella S. Messa.
  2. Il Sacrificio è un atto sacro che non può essere celebrato da una qualsiasi persona, ma solamente da un sacerdote. Solo chi è espressamente eletto, ha la vocazione ed è stato investito del potere: vale a dire esclusivamente il sacerdote ha la facoltà di celebrare il Sacrificio. Il Sacrificio e il sacerdozio sono indissolubilmente connessi: non c’è Sacrificio senza il sacerdozio e non c’è sacerdozio senza il Sacrificio. La natura stessa del Sacrificio, celebrato pubblicamente in nome e a beneficio della comunità dei fedeli, richiede il sacerdozio particolare, cioè una persona che abbia la facoltà e il mandato di compierlo. Pertanto è molto appropriato che una tale persona, lontana dal peccato e santificata tramite la dignità del suo ufficio, sia prescelta a offrire il Sacrificio nel ruolo quasi di mediatore tra Dio adirato e l’uomo peccatore. “Ogni sacerdote – così scrive l’Apostolo – fra gli uomini, viene formato per il loro bene nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5,1). Certamente spetta solamente a Dio conferire l’onore della vocazione e dell’ufficio sacerdotale e determinare “chi è Suo e santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a Sé colui che Egli avrà scelto” (Num 16,5). Perciò anche la liturgia cristiana del Sacrificio è un’istituzione sacerdotale e come tale affidata agli uomini; però non destinata a tutti gli uomini e nemmeno a tutti i fedeli, ma esclusivamente al sacerdozio cattolico. Il Sacrificio richiede per sua natura una persona con potestà ufficiale per la sua esecuzione, cioè un sacerdote; invece, di per sé, non c’è alcun impedimento che un sacramento – per esempio il Battesimo – in caso estremo venga conferito da un semplice laico. Fu comunque di sicuro cosa opportuna che solamente al sacerdote consacrato, a cui in primo luogo spetta celebrare il Sacrificio, fosse dato di amministrare i Sacramenti e perciò di essere il vero e proprio intermediario tra il Cielo e la Terra, poiché egli è chiamato a glorificare Dio tramite il Sacrificio e a santificare gli uomini per mezzo dei Sacramenti.
  3. Di non minore importanza – per compiere un atto tanto sacro – è la scelta di un luogo consacrato: tale luogo destinato al sacrificio si chiama altare. Dove s’incrociano il Sacrificio e il Sacerdozio, lì appare sempre l’altare. “Non si fa un altare se non per offrire a Dio un Sacrificio – scrive il santo vescovo Fulgenzio – Dio non accetta da nessuno il Sacrificio se non dai Suoi sacerdoti”, insegna il santo martire Giustino.
  4. Da quanto detto finora, risulta chiaro che il Sacrificio è il più nobile e il più perfetto atto di venerazione a Dio e perciò sovrasta tutte le altre forme di culto; esso costituisce il vertice ed è il punto più luminoso di tutta la liturgia. Su questo sono tutti concordi: offrendo il Sacrificio, l’uomo dimostra a Dio la più grande riverenza e omaggio che Gli si possa rendere. La più perfetta espressione dell’intima adorazione della divina Maestà si manifesta proprio nel Sacrificio. Il Sacrificio è essenzialmente un atto di adorazione ed esprime perciò sempre la fede nella divinità di Colui per Cui viene offerto; tra tutti gli atti di culto questo spetta esclusivamente a Dio: dev’essere offerto solamente all’unico e vero Dio. Sarebbe un culto sacrilego e idolatrico offrirlo ad una creatura, fosse anche il più grande santo o il più sublime degli angeli. Sin dai tempi più remoti, dunque, venivano offerti sacrifici a Dio per riconoscere pienamente e in maniera solenne il Suo dominio, ringraziarLo per la Sua benevolenza, chiederGli nuove grazie ed, in particolare, prevenire il flagello dei Suoi castighi.

SCARICA IL TESTO INTEGRALE (PDF)

Scroll to top